Odon SM

Martina Agarici

Colpo di calore


Le temperature schizzano alle stelle, l'umidità talvolta fa da “padrona", ma i più determinati non rinunciano a praticare attività sportiva. Oggi vedremo nel dettaglio perché avvengono e cosa provocano le malattie legate al surriscaldamento del corpo, e qualche suggerimento utile per evitare conseguenze negative e dannose per la salute. 


Il colpo di calore è ritenuto la seconda causa di morte negli sportivi dopo gli attacchi cardiaci


Le malattie correlate al caldo, oltre a provocare  danni alla salute, a seconda dell'intensità e della gravità, influenzano negativamente la prestazione sportiva. 


Il classico riscaldamento/attivazione muscolare o warm up, aiuta a preparare il corpo alla prestazione sportiva, ed é fondamentale da eseguire (ne vedremo dopo nello specifico i benefici). Per le malattie dovute al caldo invece, intendiamo quando  la temperatura di tutto il corpo aumenta in maniera considerevole a causa di sforzi prolungati in ambienti caldi e/o umidi. Se non vengono prese le giuste precauzioni e si supera una certa soglia critica si innesca un cascata di eventi negativi che può condurre anche a condizioni molto gravi e dannose.


Il corpo deve mantenere una temperatura che va dai 36.5° ai 37.5° in condizioni normali e cerca di mantenere questo range attraverso meccanismi interni come la termoregolazione, che si avvale della sudorazione,  della vasodilatazione o vasocostrizione a seconda della necessità, e di strategie comportamenti apprese (un vestiario adeguato, stare all'ombra, adeguare gli ambienti ad una temperatura confortevole). La pelle scambia con l'ambiente attraverso fenomeni fisici di irradiazione (tramite fonti luminose e calde come il sole) convezione (grazie al vento) ed evaporazione (influenzata dal vestitiario e dall' umidità). 


L' evaporazione attraverso il sudore é la prima strategia per abbassare la temperatura. 


Per mantenere la temperatura stabile nel corpo, ci deve essere un equilibrio tra l'energia prodotta dallo sforzo muscolare (quasi il 70% si trasforma in calore) e la capacità di disperdere calore. 

Il termostato del corpo é a livello ipotalamico, e induce reazioni di termoregolazione quando rileva delle variazioni attorno al set point che è di circa 37gradi, con variazioni fisiologiche circadiane. 


Il riscaldamento muscolare come dicevamo prima, ha dei benefici fondamentali per la performance : migliora la contrazione e la velocità di conduzione del nervo, riduce la viscosità a livello articolare e muscolare, aumenta la vasodilatazione che migliora la rimozione delle sostanze di scarto metabolico, migliora la concentrazione. 
Ma se lo sforzo prolungato viene svolto in un ambiente che mette in difficoltà la regolazione dell'omeostasi, si può andare incontro all'inizio all' ipertermia e successivamente può innescarsi una cascata negativa di eventi, che se non gestita in tempo può condurre a crampi, esaurimento, fino all'esito più rischioso del vero e proprio colpo di calore, che può provocare danni neurologici, organici, delirio, coma e persino la morte.


In condizioni di ipertermia, vi è un aumento di flusso sanguigno a livello della pelle; questo ristagno di sangue a livello periferico riduce il volume in entrata a livello cardiaco che ne riduce la gittata e aumenta la frequenza cardiaca (e perciò anche la fatica). L'ipertermia riduce anche la contrazione volontaria ed interferisce coi processi cognitivi. 


Un esempio noto riguarda quello che successe al triatleta mondiale Jonathan Brownlee durante una competizione nel 2016, nell'umida e calda Cozumel in Messico. A 400 metri dalla fine perse il controllo delle gambe e dei processi cognitivi. Fu aiutato dal fratello che gareggiava con lui e vide la scena e lo aiutó a tagliare la linea del traguardo barcollante e delirante. 


Il colpo di calore può colpire persone fragili durante la stagione calda, ma anche un giovane e performante sportivo durante una sessione prolungata e faticosa. 


È difficile individuare una persona potenzialmente a rischio. Alcuni fattori predisponenti sono: condizioni ambientali di caldo e/o umidità elevati, uso/abuso di farmaci o medicinali, condizioni generali di salute compromesse e fattori genetici predisponenti. 


La temperatura rettale di 40°C é un segno vitale usato nella diagnosi del colpo di calore, e una T dai 39°C ai 40°C é considerata un  criterio fondamentale ed etico per interrompere l'attività sportiva. È stato supposto un valore critico di temperatura interna di sicurezza, anche se sono stati misurati dei valori superiori ai 41°C in ciclisti professionisti (questo dimostra una grande adattabilità e potenzialità del corpo quando allenato).  


Gli esseri umani per fronteggiare il freddo fanno affidamento più a strategie ambientali e comportamentali, che interne (vestiti adeguati, fonti di calore, edifici chiusi e riscaldati). Per il caldo invece, possiedono molti meccanismi di autoregolazione, che permettono l'adattamento progressivo quando questa esposizione è ripetuta nel tempo. 


È stato dimostrato che la concentrazione di sodio nel sudore, si riduce dopo alcuni giorni di esposizione al caldo e aumenta la quantità di sudore per permettere un maggior raffreddamento e una minor perdita di elettroliti (soprattutto il sodio), che sono fondamentali per i processi biologici vitali. Per una corretta acclimatazione, le strategie principali sono: la sudorazione, l'aumento della temperatura della pelle e della circolazione cutanea. L'acclimatazione porta anche ad una diminuzione della frequenza (quindi anche dell' affaticamento). 


L' iniziale adattamento al caldo avviene  nei primi 4-7 giorni, ma per un atleta ci vogliono dai 6 ai 10 giorni per gli adattamenti cardiovascolari e di sudorazione e circa 2 settimane per un' ottimizzazione della performance aerobica. 


La sudorazione oltre ad essere il primo meccanismo di termoregolazione per abbassare la T corporea, può anche portare a disidratazione se i liquidi non sono adeguatamente reintegrati. La perdita eccessiva di liquidi può addirittura ridurre la sudorazione, perciò influenzare negativamente il processo di raffreddamento e creare squilibri a livello pressorio e circolatorio, se la perdita supera il 2% dei peso corporeo . Un' eccezione che conferma la regola é rappresentata dal maratoneta Kimetto nella maratona di Berlino 2014, che fece il record di 2:02:57, avendo perso un corrispettivo di liquidi pari al 10%del peso del suo corpo. 


Idratarsi é fondamentale e non esiste l'adattamento alla mancanza di acqua. L' acclimatazione non protegge dalla disidratazione. In circostanze normali bere quando compare lo stimolo della sete può essere sufficiente, ma non quando le circostanze ambientali e di sforzo prolungato possono far presagire la possibile disidratazione. Gli atleti devono essere ben addestrati ad idratarsi per evitare di perdere più del 2% di liquidi, rispetto al proprio peso corporeo. 


A volte i crampi muscolari possono essere provocati da disidratazione e da deficit di elettroliti; questo accade se il sodio scende sotto un certo valore di concentrazione nel sangue. Per sforzi prolungati per più di un'ora in un ambiente caldo e/o umido, é raccomandabile che la bevanda abbia circa il 0.5-0.7% di sodio. Se il sodio scende sotto una soglia critica, si va incontro a iponatremia  e questo può succedere non solo per disidratazione, ma anche per sovraidratazione. I fattori di rischio per iponatremia sono: un aumento importante di peso, un' attività sportiva sopra le 4 ore, il sesso femminile e un basso BMI. In questa condizione, se la perdita di sodio è leggera, può bastare reintegrarlo con ad esempio dei crackers salati, ma se la situazione è piu grave, può essere necessario introdurlo per via endovenosa o ricorrere al ricovero ospedaliero.


È fondamentale che durante le manifestazioni sportive in ambienti caldi e/o umidi, le equipe mediche siano ben addestrate ad intervenire rapidamente; i principali parametri  da rilevare sono: la responsività, la funzione cardiaca, la temperatura corporea (per via rettale) e la misurazione della concentrazione del sodio nel sangue. L'immersione in una vasca con acqua e ghiaccio, con una T dai 5°C ai 15°C, rimane la prima cosa da fare per trattare il colpo di calore. Nel frattempo i parametri vitali devono essere monitorati in continuazione e promuovere la reidratazione e la perdita di elettroliti. 


In situazioni estreme può sopraggiungere un collasso in cui l'atleta non riesce a camminare o stare in piedi; a seguito di una perdita delle funzioni cognitive  si riduce l'attività muscolare con conseguente ristagno venoso periferico. Va subito messo sdraiato con le gambe alte e se necessario vanno effettuate trasfusioni di liquidi ed elettoliti, vanno monitorati i segni vitali e va gestita l'emergenza in equipe medica. Un triste esempio di decesso per collasso da colpo di calore è quello del giocatore di football americano Korey Stringer il quale nel 2001 morì, durante un allenamento. Gli esperti dissero che la sua morte poteva essere evitata, e da lì la famiglia del giocatore si impegnó per promuovere una campagna di sensibilizzazione contro queste morti.


Vediamo alcune raccomandazioni per l'allenamento e la gara  in condizioni ambientali di grande caldo e umidità:


-la miglior preparazione per gareggiare al caldo é essere acclimatati a quella condizione. Il miglior modo per farlo, è allenarsi il più possibile in condizioni ambientali simili a quelle presunte in gara. Gli avvenuti adattamenti più facili da osservare sono: una capacità maggiore di sudare, una riduzione della frequenza cardiaca a pari dello stesso sforzo, una miglior retenzione di elettroliti e una maggior capacità di raffreddamento della T corporea.


-c'è variabilità in termini di tempo che serve ad un altleta per acclimatarsi, si aggira attorno ai 7-10 giorni ma è consigliabile un periodo di almeno 2 settimane di allenamento in quelle medesime condizioni  di gara.


-se un atleta si allena al freddo, può cercare di ricreare artificialmente le condizioni ambientali di calore e umidità o utilizzare delle tecniche di acclimatazione passiva, come la sauna o le immersioni in acqua calda post allenamento, anche se non sono efficaci come l'allenamento condotto nelle medesime condizioni. Possono essere utili comunque ad un primo impatto, quando ci si trasferisce al paese della competizione. Anche  allenarsi nel proprio ambiente utilizzando un programma basato sulla frequenza cardiaca può essere utile, per abituare l'organismo a lavorare sotto stress cardio circolatorio, che avviene nei primissimi giorni dall'esposizione all'ambiente caldo umido.

-il giorno della gara un atleta può utilizzare delle strategie per arrivare nelle condizioni migliori possibili, per prevenire lo stress provocato dal caldo. Nello specifico, deve scaldarsi all'ombra, deve evitare l'esposizione al sole non necessaria, può utilizzare indumenti o asciugamani freddi per mantenere bassa la temperatura e bere bevande fredde. Tutte queste strategie devono essere provate nelle settimane di preparazione, al fine di evitare possibili reazioni avverse inaspettate. 


-durante la gara deve idratarsi in maniera individualizzata in base a quanto suda, per prevenire la perdita di peso, ma deve anche evitare anche la sovraidratazione (il limite é di circa 1.2l/h) che come abbiamo visto, può avere conseguenze catastrofiche come la perdita di elettroliti. Durante la preparazione, una tecnica semplice per capire quandi liquidi si perdono, è quella di pesarsi prima e dopo l'allenamento e valutare il colore e la densità delle urine.

Fare sport all’aria aperta e in questa bella stagione è pura libertà, soprattutto dopo mesi di chiusure e momenti difficili; ci raccomandiamo solo di prendere sempre tutte le possibili precauzioni per non stare male, perchè abbiamo visto che le conseguenze possono essere anche molto dannose..